Non è penalmente responsabile chi incassa la pensione del cointestatario dopo il decesso di quest’ultimo. Cass., Sez. VI, u.p. 12 maggio 2021, Pres. Costanzo, rel. Giordano, ric. Cappello

Con una recentissima pronuncia la VI sezione penale della Corte di Cassazione, discostandosi da quanto affermato sino ad oggi, ha stabilito che deve essere assolto dal reato di indebita percezione di erogazioni ai danni dello Stato colui che, essendo cointestatario del conto corrente sul quale è accreditata la pensione del congiunto, ometta di comunicare all’’INPS il decesso di quest’ultimo.

Il quesito sottoposto all’attenzione della Suprema Corte riguardava l’ipotesi secondo la quale “… possa ritenersi sussistente il reato di cui all’articolo 316-ter Codice penale nel caso in cui il cointestatario del conto corrente sul quale è accreditata la pensione del proprio congiunto non ne comunichi il decesso all’istituto di previdenza e continui a percepire i ratei pensionistici”.

La risposta è stata negativa, in quanto non sussiste alcuna omissione di informazioni dal momento che “La legge 27 dicembre 2002 n. 289 ha introdotto l’obbligo per le anagrafi comunali di trasmettere online all’Inps le comunicazioni di decesso, sicché non è più necessario che i privati cittadini consegnino agli uffici Inps il certificato di morte cartaceo. Analogamente, l’articolo 1 legge 23 dicembre 2014 n. 190 ha sancito l’obbligo per i medici necroscopi di inviare online all’Inps il certificato di accertamento del decesso entro 48 ore dall’evento. Su queste basi l’Inps dopo la segnalazione del decesso provvede automaticamente a individuare il soggetto nei propri archivi e a effettuare le necessarie variazioni relative alla pensione”.

Pertanto, al cointestatario non può essere mosso alcun addebito in tal senso.

Sembrerebbe dunque venir meno il riferimento all’art. 316 ter c.p., finora utilizzato dalla giurisprudenza di legittimità, il quale punisce l’omissione di informazioni dovute: “Salvo che il fatto costituisca il reato previsto dall’articolo 640-bis, chiunque mediante l’utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l’omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La pena è della reclusione da uno a quattro anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso della sua qualità o dei suoi poteri. La pena è della reclusione da sei mesi a quattro anni se il fatto offende gli interessi finanziari dell’Unione europea e il danno o il profitto sono superiori a euro 100.000. Quando la somma indebitamente percepita è pari o inferiore a euro 3.999,96 si applica soltanto la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da euro 5.164 a euro 25.822. Tale sanzione non può comunque superare il triplo del beneficio conseguito”.

Allo stato, quindi, risulta chiarito il dato della inesistenza di qualsiasi obbligo di comunicazione in capo al coniuge (od altro soggetto) sopravissuto al cointestatario di un conto corrente, essendo invece preciso dovere dell’Ufficio anagrafico comunale trasmettere all’INPS le comunicazioni relative alla morte dei titolari di trattamento pensionistico.